I numeri dello Smart Working in Italia. Ma serve comunicazione…
Trasformare la crisi in opportunità. Perché se è vero che l’emergenza Coronavirus ha messo alla prova le aziende italiane, è altrettanto vero che molte imprese usciranno dall’attuale situazione rafforzate e più consapevoli. Soprattutto per quanto riguarda lo Smart Working in Italia, risultato decisivo in questi giorni per non lasciare la produttività paralizzata dal virus e l’economia ferma.
Nelle zone maggiormente colpite, il lavoro agile si è rivelato una soluzione vincente e lo sarà ancora almeno fino al 15 marzo. È quanto previsto dalla nota diffusa dal Ministero del Lavoro, secondo cui lo Smart Working rimarrà “applicabile in via provvisoria fino al 15 marzo 2020, per i datori di lavoro aventi sede legale o operativa nelle regioni Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte, Veneto e Liguria, e per i lavoratori ivi residenti o domiciliati che svolgano attività lavorativa fuori da tali territori, a ogni rapporto di lavoro subordinato anche in assenza di accordi individuali”.
Smart Working, un fenomeno in crescita ma…
Non solo incertezze e dubbi. Il Coronavirus ha posto le fondamenta per una sfida che il nostro Paese non vuole tralasciare. Affermare lo Smart Working in Italia anche dopo l’emergenza significherebbe mostrarsi al passo coi tempi, aperti alle innovazioni tecnologiche e pronti a realizzare modelli di organizzazione che prediligano la flessibilità. Con benefici evidenti non solo per le aziende ma anche e soprattutto per la vita dei dipendenti e in generale per l’ambiente.
Secondo la ricerca dell’ Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, i numeri fotografano una crescita reale ma distante dagli standard Europei. Ad oggi, sono circa 570mila i lavoratori fuori dall’ufficio, più del 20% rispetto al 2018. Tuttavia, si può e si deve fare meglio: i Consulenti del Lavoro hanno contato 8,36 milioni di persone potenzialmente occupabili in Smart Working in Italia tra manager, quadri, tecnici e impiegati d’ufficio.
Rispetto al resto d’Europa, il dato è emblematico: 2% di diffusione contro l’11,6% che si registra oltreconfine. Nel Nord Europa, infatti, le percentuali sono altissime: 31% di professionisti in Smart Working in Svezia e Olanda, 27% in Islanda, 25% in Danimarca e Finlandia. A loro bisogna guardare per diffondere la cultura del lavoro agile, da loro è necessario imparare per non lasciare i vantaggi della collaborazione da remoto cadere nel vuoto.
Smart Working in Italia: l’importanza della comunicazione
Tra le resistenze che bloccano la diffusione dello Smart Working in Italia c’è il problema legato alla comunicazione. Diverse aziende si sono mostrate incapaci di realizzare una rete di comunicazione multicanale efficace, elemento essenziale per garantire al team di rimanere in contatto e lavorare bene anche se lontani e in luoghi diversi.
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